Ho dormito un sonno profondo, di fianco alla vela ed al motore, che ho portato con me al coperto per ripararli dall’umidità.
Mi sveglio tardi, ma avevo bisogno di riposare. Conosco il figlio dell’ingegner Groppo, beviamo un caffè, mi illustra sul percorso che mi aspetta, e controvoglia devo salutarlo di corsa.
C’è un filo di vento, la vela si alza subito, poca corsa e il motore a manetta canta. Controllo che sia tutto ok, passo sopra al signor Groppo che allarga entrambe le braccia in un saluto che sembra un abbraccio.
Il Po è a pochi chilometri, l’aria è calma. Osservo, fotografo, so di essere in un punto in cui il fiume inizia a dimostrare la sua importanza. Guardo sotto i piedi e vedo i pesci in trasparenza, il livello delle acque è basso.
Passo sopra un ponte e vedo un chilometro almeno di auto in colonna e mi accorgo di essere uno spettatore davvero privilegiato.
Mi dirigo verso Pinarolo Po. C’è una pista di qualche centinaio di metri oltre l’autostrada. Marco mi ha nascosto 15 litri di benzina in una tanica dietro alla ruota di un trattore. Ne userò soltanto 3 per non appesantirmi troppo.
Raggiungo a piedi Pinarolo Po, e sento Giuliano che mi aspetterà in un campo a qualche centinaio di metri di casa sua. Per raggiungerlo lascerò il corso del fiume per qualche chilometro: non me ne vorrà se lo faccio per andare a trovare un amico che mi ha sostenuto fin da subito in questo progetto.

Vado in un bar, tra quattro pensionati che ammazzano il tempo in una giornata di sole, parlando un dialetto che non capisco. Raggiungo una latteria per farmi fare un panino, dove la signora nota subito che sono un forestiero: mi chiede da dove vengo e dove sto andando. Glielo spiego a grandi linee, e la sua reazione è decisamente espressiva.