Ora con un colpo d’occhio davanti a me c’è tutto il delta ea  Goro alle sette e mezza il porto è un formicolio di barche che vanno e vengono dagli allevamenti di vongole.
C’è ancora un filo di nebbia, a tratti particolarmente densa. Lasciandomi il sole alle spalle guardo la mia ombra che si proietta a tratti sulla nebbia, poi sull’acqua, poi su canneti.
Mi oriento per trovare la pista, è oltre un bosco (il bosco della Mesola, 1.150 ettari di bosco intonso, un terzo di ciò che era in origine, attualmente custodito e conservato con gelosia). Più in là il campanile di Pomposa vince la nebbia e spunta su un mare di ovatta, non distante dal Po di Volano, l’estremità meridionale del delta.
Scorgo la pista, spengo il motore ed atterro. Una coppia di fagiani, un maschio ed una femmina, si accorgono di me e fuggono nella macchia.
Appoggio i piedi in un’invisibile nuvola che profuma di erba bagnata, raccolgo la vela e mi organizzo.
Ho visto che il paese più vicino non è a portata di mano: attraverso due campi e chiedo ad un contadino che sta raccogliendo gli asparagi se sono la strada giusta. Lui conferma, mi segno un numero di telefono che è appuntato sulla bacheca davanti alla trattoria della pista, e prendo la strada.
Dopo poco più di un’ora di cammino provo a chiamare quel numero. Risponde una voce squillante, mi conferma che la cucina oggi è aperta, e lo rassicuro che quella specie di zaino con un’elica che vede dietro all’hangar è roba mia. Lui associa tutto e mi chiede se sono io quello che camminava lungo la strada, io confermo e ci diamo appuntamento alla pista. Inverto la marcia, ma dopo cinque minuti una Fiat rossa mi passa di fianco, si arresta e apre la portiera: Giancarlo è venuto a recuperarmi.
Ha due occhi grandi e dolci, parla con passione. Si interessa alla mia storia, prende due taniche vuote e andiamo a fare benzina. Guido io, perché gli hanno ritirato la patente. Avrà fatto pochi chilometri per venire verso di me, ma ha comunque preso i suoi rischi.
Mi fa guidare, è una sensazione strana, mi sembra di non farlo da una vita. Tornati alla pista mi dà un tubo per travasare a caduta il carburante, tiro su con troppo entusiasmo, ne bevo un sorso che sputo immediatamente nel prato. Ci si abitua presto all’odore della benzina, che può anche piacere, ma non ha un buon sapore.
Mi riposo, bevo un caffè e preparo tutto per il volo serale. Ordino un piatto di pasta alla moglie di Giancarlo, uno qualsiasi, il più comodo, quello che preparano per loro.
Nel frattempo atterra qualche aereo da turismo, io armeggio di fianco al parcheggio con il paramotore e due piloti appena atterrati si avvicinano. Dicono di essere di Pinerolo, e che uno di loro ha letto su una rivista di volo che c’è un personaggio delle loro parti che sta volando dal Monviso al delta. Quasi non finisce la frase, io sorrido, lui punta il dito verso di me: – Ma sei tu! –
Francesco è pilota istruttore, accompagna Paolo -proprietario del mezzo ed ex parapendista – in un volo di navigazione da Garzigliana (Pinerolo) a valle Gaffaro. Qui tappa rifornimento e pranzo, poi ritorno. Ed io che sono partito cinque giorni fa…mi sento come Alvin Straight de La Storia Vera: lui con un tosaerba, io con un ventilatore dietro la schiena, e nessuno più lento di noi.
È una bella chiacchierata quella con loro due, ci scambiamo i contatti e prometto di fare loro visita, li guardo staccarsi da terra, tra tre ore passeranno sopra casa mia.
È quasi ora di partire, c’è vento teso ed arriva dal mare. Attraversa il bosco e ciò non mi piace: giunge sopra di me turbolento. Mi allontano il più possibile e decido di decollare alla francese (senza rincorsa). Finalmente una tappa circolare, tornerò qui dopo il volo. A terra il sacco a pelo, l’olio, gli attrezzi. C’è un bel sole: addio guanti, tuta e tutto il resto: oggi si vola in maniche corte.
Stendo la vela e mi imbrago, la guardo e tiro le bretelle. Si impenna violentemente sotto il mio sguardo, arriva sopra la testa e la fermo con un colpo di freni. È immobile, mi giro di 180 gradi e apro il gas. Faccio un passo, il secondo è già inutile perché sono per aria.
Mi allontano dal bosco, guardo il contadino di questa mattina che ha cambiato campo e mi scappano due rutti che sanno di benzina: oggi attraverserò il delta verso nord.